Don Davide Milani ((Opinione – In Stefano Rolando, Citytelling , Egea novembre 2014.))
Responsabile dell’Ufficio Comunicazione della Arcidiocesi di Milano e membro del Comitato Brand Milano
Certamente il Duomo è una realtà simbolica per la città di Milano e l’Italia intera, capace di esprimere l’identità di chi “all’ombra della Madonnina” abita da decenni o da pochi mesi; per chi ha secolari origine ambrosiane o per chi unisce l’identità “milanese” a quella della terra lontana che ha lasciato per bisogno. Troppo poco definire il Duomo un “grande monumento”: non è riducibile al peso delle migliaia di tonnellate di marmo di Candoglia artisticamente lavorate che compongono quel capolavoro di architettura e scultura conosciuto in tutto il mondo. Questo simbolo – con la sua potente forza spirituale, il fiero riconoscimento identitario che genera nei milanesi, l’abbacinante bellezza che promana – produce nell’immaginario e nell’esperienza collettiva della comunità profondi sentimenti di attrazione. Il Duomo (e la sua Madonnina, parte integrante di questa realtà e della sua simbologia) è tuttavia solo un frammento – imponente ma non esclusivo – dell’attenzione della Chiesa milanese per i profili simbolici e identitari della città. Innanzitutto per l’immensa articolazione della diocesi ambrosiana, con le sue 1107 parrocchie che innervano il territorio che si stende dai piedi delle Alpi alla bassa milanese, dal Ticino all’Adda.
In quel quadro geografico che tiene al centro la città metropolitana, l’imponenza simbolica del Duomo si riverbera in migliaia e migliaia di campanili. La Chiesa cattedrale “madre” ha generato in quasi due millenni – dal primo medioevo, passando per San Carlo e fino all’azione del cardinale Montini) tante chiese piccole e grandi che sono diventate il centro fondativo e attraente di interi territori. Addirittura segnando e anticipando in ogni epoca il processo di organizzazione amministrativa. Secoli fa i confini parrocchiali avrebbero poi identificato i quartieri e i comuni; da un decennio è in atto un processo di costituzione di comunità pastorali che unisce le antiche parrocchie in più estesi territori omogenei.
Sotto ogni campanile vive una parrocchia con la sua identità e missione spirituale e pastorale; con la sua forza aggregante, accogliente, di presidio sociale, di proposta evangelica del senso del vivere quotidiano, di difesa della solidarietà e del civismo. Questa rete prende forza sia dalla Chiesa madre, il Duomo (con i suoi Pastori che hanno contribuito nei secoli a “fare” la storia delle nostre terre) e al tempo stesso dalla vita di ogni famiglia, di ogni associazione o gruppo parrocchiale.
Un modo unico – a livello sociale – di vivere il rapporto centro-territorio: sarebbe molto sminuito nella sua grandezza, il Duomo, se non avesse generato le 1107 parrocchie e le migliaia di chiese con quanto a loro volta sostengono nel tessuto ecclesiale e civile in cui stanno.
Sarebbe senza efficacia la forza di questa rete capillare senza il Duomo, centro vivo, attraente e propulsore. Ma tutto ciò non esaurisce l’attenzione della Chiesa di Milano verso il tema di un “brand” collettivo e la sua capacità di rappresentare e raccontare anche la realtà ecclesiale. Debbo aggiungere almeno altre tre dimensioni.
Innanzi tutto la presenza multietnica degli immigrati e delle religioni che professano. E’ una relazione storicamente radicata a Milano, che in modo oserei dire profetico gli ultimi tre vescovi avvicendatisi sulla Cattedra del Duomo (Martini, Tettamanzi e Scola) hanno compreso, proposto e difeso davanti a tutta la Città, spesso riottosa su questo tema, mostrandola invece come la via necessaria per il suo futuro e la sua forza. In secondo luogo lo sguardo al mondo, alle sue storie e ai suoi bisogni. Che è presente, nella città dell’Editto di Costantino, di Ambrogio (uomo di stato e di chiesa, europeo per storia e formazione), di Carlo Borromeo (riformatore e modernizzatore della Chiesa universale) fin dai suoi primordi e arriva – per limitarmi a un cenno di cronaca – al successo della Giornata mondiale della famiglia celebrata proprio a Milano nel 2012, alla presenza del Papa Benedetto XVI con un milione di pellegrini provenienti dai cinque continenti. E da ultima la partecipazione attiva alla vita della Città, e il protagonismo in campo non solo spirituale ma civile, sociale, educativo, culturale e caritativo, di cui i Vescovi, i preti e i laici attivi nelle parrocchie di Milano e della Diocesi sono stati promotori. Grazie anche a loro Milano ha saputo godere della ricchezza di straordinarie forme organizzative e che rendono questa Città non uniformabile a un solo aspetto della sua identità (la moda, piuttosto che l’arte o la generosità dei suoi abitanti) ma a un complesso di aspetti che la rendono, al di là delle sue dimensioni, una “grande città”.
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