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Identità e comunicazione metropolitana. Da dove cominciamo?

Stefano Rolando ((Per Arcipelago Milano, luglio 2014))

Repubblica dedica due pagine nazionali ((Giorgio Vasta, Saluti da Cinisello, Repubblica 27 luglio 2014, pagg-.30 e 31. Con immagini tratte da Paolo Caredda, In un’altra parte della città. L’età dell’oro delle cartoline, ISBN Edizioni, 2014.)) a un tema che appare come divagazione domenicale: le cartoline di una volta. “Milioni di cartoline che spedivamo anche dai posti più assurdi”. E in effetti la sequenza proposta – selezionando le immagini di un libro-arca di Noè (nella materia) di Paolo Caredda – ci strappa un sorriso. E’ proprio un’altra Italia, rispetto a quella del “bel giardino” celebrata davvero in milioni di cartoline in cui storia, ambiente, cultura e arte hanno accompagnato i saluti a casa o agli amici almeno per due secoli. Qui è il festival della bruttezza. Pompe di benzina, palazzoni di periferia, autogrill, parcheggi in doppia fila, ciminiere. Ma soprattutto una grande quantità di quartieri periferici, con la loro geometrica mediocrità. Il titolo delle due pagine è tratto da una di queste sequenze dedicata all’edilizia residenziale di un grande borgo fuori Milano: Saluti da Cinisello. Giorgio Vasta, che cura e commenta il servizio, è consapevole del problema più complesso che sta dietro questo materiale: “Il desiderio di esserci, di abitare lo spazio (e con lo spazio il tempo), qualsiasi esso sia: una geolocalizzazione estrema, emotiva e inconfutabile, senza Gps”. Già, proprio questo: “un impulso identitario è all’origine del fenomeno e coincide con gli interventi a penna direttamente sulle cartoline”. Tuttavia quel “Saluti da Cinisello” – in mezzo a pagine sui migliori libri da leggere, sulla cucina a tre stelle, sull’esotismo delle vacanze, soprattutto sul meglio che ci offrono le città, eccetera – suona inevitabilmente come un’ ironica denuncia di un impulso identitario plebeo.

Qui sta il punto di partenza di una riflessione sugli aspetti comunicativi che pone oggi il passaggio identitario di alcune città (Milano tra queste) che stanno per diventare aree metropolitane. In cui la “nuova cartolina” per ipotetici saluti (diciamo la cartolina virtuale che somma i selfie, i post, le app e tutto ciò che ci scambiamo quotidianamente, diventati – come dice Manuel Castells – attori produttivi della comunicazione contemporanea) deve comprendere e compendiare le qualità del borgo storico e le quantità dell’immensa rete che assume però un carattere identitario comune.

Il borgo – che ha attualmente tutta l’artiglieria comunicativa tradizionale – se non vuole provocare un irreparabile conflitto iconico deve scendere a patti con la legittimità di trattamento della qualità e della quantità. Deve trovare cioè legittimo compendiare Brera o lo Sforzesco con l’edilizia residenziale di Cinisello. Affinché questa delicata operazione di compendio non si produca “al basso” o, peggio, separando ancora di più i circuiti della carta stampata da quelli in rete. Per fare questo serve un progetto, serve una ricerca di immaginario simbolico che riduca lo scontro, serve molto ascolto attorno al tema identitario in una fase di generazione dell’area metropolitana in cui per ora c’è solo spazio per parlare di statuti e di chi paga le buche nelle strade.

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